domenica 28 agosto 2016

Citadels + Jungle Speed

Stamattina sono distrutto.
Ho dormito pochissimo, sveglia alle 6:45, la bambina ha pianto e rotto le palle tutta la notte e ieri siamo andati a letto alle 2….ma quando c’è da giocare si fa questo e altro.
Confesso: era da troppo tempo che non si organizzava una serata come si deve, per cui ero disposto a tutto.

Ore 20. I preparativi fervono: l’insalatona di riso è in frigo, i bambini hanno già mangiato (ma tanto torneranno a battere cassa per i vari bis e tris), la tavola è apparecchiata e lo zampirone sta già riempiendo la stanza e i polmoni del suo tipico profumo. Da li a poco Clau tornerà a casa dal lavoro con 3 colleghi pronti per sedersi attorno al tavolo.
Mentre dalla finestra riecheggiano brani della tradizione del liscio, della Polka e di chissà che altro (ah le feste di paese!) e alla TV Brasile e Argentina si sfidano per conquistare un posto ai quarti di finale del torneo olimpico di Basket ci sediamo per mangiare. Dopo l’insalata di riso arriva un Tiramisù da 3000 calorie al cucchiaio, che sono perfette per saturare i neuroni di zucchero, prima della partita.

I bambini sembrano tarantolati, corrono e gridano per casa manco fossero Kevin Mccallister quando si rende conto di essere rimasto solo a casa la vigilia di Natale.
Ce’ pure il tempo di una partita alla PS4 prima che i due crollino dal sonno.
Bene, è ora di fare sul serio. Francesca apre la busta che ha portato e fa saltar fuori: Sheriff of Nottingham, Il padrone di casa e Dungeon Bazar. La mia curiosità cade su quest’ultimo ma poi improvvisamente dal mio cassetto dei giochi arriva uno strano bagliore. Apro e vedo la scintillante confezione ancora sigillata di Citadels….sai che c’è? Vada per questo!

Qualche minuto per spiegare le regole ai neofiti e si comincia.


Si tratta di un gioco di carte abbastanza “vecchio” di Faiduti edito da Stratelibri nel 2000. Lo scopo del gioco è costruire la città più ricca, costruendo i vari quartieri, rappresentati dalle carte. Ogni quartiere ha un costo per essere costruito che equivale anche al proprio valore in punti vittoria, una volta che si farà il calcolo finale. Il gioco finisce quando si costruisce l'ottavo quartiere. All’inizio di ogni turno di gioco si effettua un draft tra le carte personaggio, ognuno dei quali con delle caratteristiche peculiari. Il bello di questo gioco è proprio la fase di scelta dei personaggi che dev’essere fatta non solo guardando alle proprie necessità evolutive, ma anche quelle degli altri. Carte come l’Assassino, il Ladro, il Mago e il Condottiero permettono molta interazione con gli altri giocatori costringendo tutti a strategia basate anche sul bluff e deduzione. La componente aleatoria (il culo per parlarci chiaro) è molto presente, trattandosi comunque di un gioco di carte, ma non influenza più di tanto l’andamento delle partite.

Abbiamo dei neofiti al tavolo (uno dei motivi per cui abbiamo optato per Citadels), quindi cominciamo piuttosto cauti, con una specie di “giro di prova”.
Più o meno tutti mettiamo giù almeno un quartiere nei primi giri. Io cerco di variare i miei draft per non farmi assassinare o, peggio, derubare e metto da parte un po’ di monete (a volte nei giochi, le priorità vengono ribaltate!). Francesca prende un paio di volte il Re, con un quartiere giallo già costruito e accumula anche lei un bel gruzzolo. Clau ovviamente indugia sull’Architetto, che permette di calare più quartieri nello stesso turno e inizia a prendere in mano parecchie carte quartiere. Lidia sta ancora provando a capirci qualcosa e prende il Condottiero anche se nessuno ha ancora costruito nulla da distruggere!
Eh vabbè, mi piaceva il disegno del personaggio!” - si giustificherà più avanti!



Il gioco scivola via tranquillo, tra una demolizione di edifici e un furto di carte, le bastardate si susseguono con una certa continuità.
C’è anche il tempo per un giro di Baileys.
Lidia mette giù uno dei quartieri viola, che oltre a pagare molto in termini di punti finali, hanno delle caratteristiche specifiche; il suo consente di finire la partita con sette quartieri anziché otto. Clau invece costruisce il tanto temuto Museo e comincia ad accumularci carte sotto, (che poi si trasformeranno in punti a fine partita). Manco a dirlo questo attrae l’attenzione di Condottieri che, per diletto, demoliscono palazzi.
Mattia prende il Mago e scambia le mie carte (tante) con le sue (pochissime) e, se ci fosse abbastanza confidenza, ci aggiungere anche un dito medio.
Io prendo il Re e vengo volutamente ammazzato, poi opto per il Mercante e l’Assassino chiama di nuovo il mio nome (diamine ma sono davvero così prevedibile?!?); insomma passo un bel po’ di minuti a scaldare la sedia senza combinare un bel niente. E mentre la partita comincia ad ingranare, Francesca che ha 4 quartieri, come più o meno tutti noi, zitta zitta, prende l’Architetto, mette giù gli ultimi tre edifici da 1 e chiude la partita. Così. Senza un senso preciso. Quando ancora ci stavamo scaldando.
Nell’incredulità e sconcerto generale contiamo i punti e ovviamente vince Francesca (non è così sprovveduta da chiudere se non è più che sicura!!!).


Se volete un mio personalissimo parere, questo è un titolo che ogni giocatore dovrebbe avere nella propria collezione e, meglio, che dovrebbe portarsi sempre appresso: facile da spiegare ed adattissimo ai neofiti. Permette una buona strategia e una certa interazione tra i giocatori. Un piacere per gli occhi, viste le splendide illustrazioni e un prezzo abbordabile concludono i pro di questo titolo.

L’unico neo che vedo è la (possibile) eccessiva durata, soprattutto se becchi quello che ci mette tre ore per scegliere il personaggio.
Stavolta non è successo. Han chiuso prima ancora che mi rendessi conto di cosa stava succedendo!



E’ solo mezzanotte e direi che ci rimane del tempo per fare qualcos’altro. A grande richiesta vince Jungle speed! Così, tanto per non disturbare il vicinato e i bambini che dormono!!!

Facciamo un paio di partite ma sinceramente non ricordo manco chi ha vinto! Ricordo invece le unghiate che mi son preso da Lidia nel prendere il Totem!!!


Beh ora è l’una passata e, come ho già detto, domani mattina si lavora. Spacciamo un po’ di ghiaccioli alla menta, che a me riempiono solo il freezer, e spegniamo lo zampirone.

Notte a tutti, alla prossima.

domenica 13 dicembre 2015

Munchkin + promo classic e promo Natale

L’occasione, questa volta, è di quelle speciali. Non solo siamo in periodo di Natale, quindi la casa è tutta addobbata a festa; non solo oggi è la vigilia di Santa Lucia e i nostri figli muoiono dalla voglia che sia già domattina (almeno il grande, la piccola di 11 mesi per ora se ne frega!); in realtà stasera salutiamo Jessica e Steffo. Quelli che per più di 5 anni sono stati nostri fedeli compagni di giocate, coi quali abbiamo sviluppato e coltivato la passione per i boardgame, abbiamo preso i giochi e li abbiamo modificati, aggiornati, espansi e, a volte, realizzati dal nulla e coi quali si è creata una bellissima amicizia, nei prossimi giorni torneranno nella loro amata Puglia. Forse per sempre, forse no (sarà il destino a stabilirlo), comunque per ora le nostre strade si divideranno ed è difficile nascondere un po’ di tristezza.
Già dai primi minuti dopo il loro ingresso in casa, l’ambiente si è caricato di sguardi un po’ malinconici e frasi di circostanza, ma del resto, scusate la retorica, la vita è anche questo.

Comunque cerchiamo di non andare troppo fuori tema.
Dopo cena, mettiamo a letto i bambini e sparecchiamo; questa è l’occasione perfetta per provare finalmente le carte promo di Munchkin assieme alle espansioni di Natale.

Doverosa premessa
I primi tempi in cui mi affacciavo ai boardgames Munchkin era uno dei titoli che più mi piaceva (lo so che è di carte e non da tavolo, ma non fate i preziosini) e uno degli aspetti per me più interessanti è il fatto che ha tipo un milione di espansioni ambientate nei più disparati contesti: zombi, vampiri, spazio, fatine, pirati e persino il mondo di Chtulhu oltre alle molteplici espansioni legate alle feste: Halloween, Natale, Pasqua etc. etc.
Dorsi delle carte di Natale ideate dal sottoscritto.
Una volta trovate in rete le foto delle carte, il resto è stato facile: un po’ di Photoshop, un po’ di fantasia e un tipografo in gamba ed ecco realizzato un perfetto set di carte promo classiche e natalizie impreziosito da un dorso realizzato ex novo da me medesimo di persona personalmente.
Il problema è che tutto questo risale a più di due anni fa e in tutto questo tempo, complice il fatto che i giochi continuavano ad aumentare, non abbiamo più avuto occasione di provarli…fino a stasera.

La partita stenta a decollare per una serie di pescate sfigatissime, ci equipaggiamo con quel poco che riusciamo a raccattare nei dungeons, ma becchiamo solo mostri con livelli altissimi che o non ci vendono nemmeno o ci costringono alla fuga. Dopo un po’ le cose cominciano a girare: Steffo, manco a dirlo, perde contro un mostro di Natale e muore (tipico da parte sua), ma, come la miglior Fenice, risorge dalle proprie ceneri con carte nuove, più forte che mai…inizia a pavoneggiarsi un po’ troppo e diventa ben presto il bersaglio preferito delle maledizioni di noi tutti.
Cla come al solito si trasforma nella corazzata Yamato, sul tavolo ha più carte di noi altri tre messi assieme però pesca pochi mostri e rimane leggermente indietro.
Sul finale, come spesso succede, comincia una girandola i coalizioni e voltafaccia finalizzate unicamente a rompere i coglioni a chi sta per vincere. Dopo 3 ore, ripeto 3 ore, Jessica vince di un’incollatura, io le sto subito dietro, seguono a ruota Clau e Steffo.
Devo ammettere che aver introdotto le carte promo Classic e quelle di Natale ha alzato un bel po’ il livello di gioco. Statisticamente abbiamo pescato molti più mostri e potenziamenti rispetto al mazzo base e questo, come già evidenziato in precedenza, rende il gioco un po’ più interessante e movimentato.

E’ l’una passata. Siamo stanchi morti, cominciamo a rimettere lo roba nelle scatole e quella che si sente nell’aria è la consapevolezza che stiamo per dirci addio. Certo, esiste Whatsapp, Skype, Facebook e ancor il buon vecchio telefono; sicuramente ci rivedremo magari per una vacanza in Puglia o in Sardegna, ma è inutile prendersi in giro: un capitolo si è chiuso e un altro sta per cominciare. Di vero cuore buona fortuna per tutto. Ci mancherete.


P.s. queste poche righe le ho buttate giù di getto, senza pensarci troppo, per non diventare troppo malinconico. :D





domenica 25 ottobre 2015

Alchimisti

L’avrei già dovuto capire dalla settimana scorsa quando, a cena a casa di Steffo, adocchio Alchimisti sul suo scaffale.
“Bello – dico io – certo che si vede che è della Cranio, tutto colorato, materiali bellissimi, dev’essere proprio un bel gioco”.
“Si si è molto particolare­ – fa lui - prendilo così inizi a vederti il regolamento”.
Avrei dovuto capire di che stava parlando!
Tornando a casa continuava a risuonarmi in testa quella frase: “…così inizi a vederti il regolamento!” E io pensavo: che ci sarà da vedere, non sarà più complicato di Caylus o Seasons! Che sciocco sono stato.

Per pigrizia di non leggermi il regolamento, mi guardo la video-recensione di Alkyla su Youtube, molto chiara e completa. Tutto a posto, mi dico, le regole le so, la strategia di gioco verrà più avanti, ma intanto possiamo cominciare…niente di più sbagliato.
In occasione della serata “Back To The Future” organizziamo una cena veloce e poi tiriamo fuori la scatola.

Si tratta di un gioco di piazzamento e gestione risorse, da 2 a 4 giocatori, nel quale vestiamo i panni, appunto, di alchimisti intenti a preparare delle pozioni magiche per guadagnare prestigio all’interno della comunità scientifica e non solo. Come sempre non mi dilungherò sui dettagli delle varie fasi di gioco perché quello che mi ha davvero colpito di questo titolo sono altre cose: il sistema di deduzione delle pozioni e l’applicazione per Smartphone e tablet.

Deduzione.

Ovviamente lo scopo finale del gioco è fare più punti degli avversari e il sistema migliore per riuscirci è capire, prima degli altri, la composizione alchemica di una serie di 8 ingredienti: radice di mandragola, artiglio di uccello, rospo etc. e pubblicare tale deduzione (8 alchemici per 8 ingredienti).
Brevemente il sistema di deduzione consiste nel miscelare due ingredienti per volta e verificare che tipo di pozione viene fuori; incrociando varie volte ingredienti diversi e ottenendo sempre più informazioni si comincia a restringere il campo (un po’ in stile Cluedo se vogliamo) fino a dedurre l’esatta combinazione di tutti gli ingredienti.
O almeno questo in teoria, perché la realtà è ben diversa.
Per poter testare le pozioni bisogna innanzi tutto avere le carte giuste degli ingredienti e poi spendere uno dei pochissimi segnalini azione a disposizione per poter effettivamente fare i test. E qui entra in gioco la gestione delle risorse.
Il bello di questo gioco è che unisce in maniera molto fluida un già assodato meccanismo di gestione dei lavoratori e delle monete, con la deduzione-logico matematica degli alchemici, non si può fare l’una senza l’altra…una cosa davvero unica nel suo genere.

Applicazione.

Se non sbaglio questo è il primo titolo che integra un’applicazione nelle dinamiche di gioco e lo fa in maniera egregia.
La necessità di una app nasce dal fatto che gli 8 alchemici vengono abbinati, ad inizio partita, in modo casuale agli ingredienti, ma ovviamente nessuno dei giocatori conosce questo abbinamento (visto che tale risoluzione è lo scopo del gioco) quindi l’unico sistema per testare le pozioni è che ci sia un giocatore esterno che svolge il ruolo del master e le controlli volta per volta, oppure lasciar fare alla tecnologia.
In pratica, ogni volta che si vuole testare una pozione non si fa altro che inquadrare le carte con lo smartphone e voilà, si ottiene subito il risultato. Facile, veloce ed indolore.



Tutto questo preambolo è stato necessario perché Alchimisti non è un gioco immediato, per niente. Mentre la gestione delle risorse non crea grossi problemi, almeno per i giocatori con un minimo di esperienza, quello che da davvero da fare è il processo deduttivo degli alchemici. Almeno per me.

Mentre Steffo spiegava le regole io sembravo Homer Simpson che pensa alla scimmia che suona i piatti; Clau invece sembrava dormire, già provata da un’intera giornata con i bambini…insomma si presagiva una serata disastrosa.

Alla fine non è andata neanche così male, ma procediamo per gradi.
Non mi vergogno a dire che ho passato quasi tutto il tempo a non sapere cosa stavo facendo! O meglio, sapevo bene quale fosse il mio obiettivo e come raggiungerlo, ma quella maledetta piramide di deduzione proprio non mi entrava in testa.
Continuavo a testare ingredienti, a cancellare dalla griglia le opzioni sicuramente sbagliate, ma non riuscivo a restringere il cerchio, ne a capire quali ingredienti testare per arrivare alla soluzione finale; e più arrancavo più vedevo gli altri andare avanti spediti.
Che amarezza. Ah maledetta logica, ma che ti ho fatto di male!
Comunque, sta di fatto che comincio a risalire il tabellone dei punti pubblicando un paio di teorie, che fortunatamente si riveleranno corrette, e mi sgancio dall’ultima posizione, sfrutto le esibizioni di fine turno, prendo qualche punto in più e finisco in seconda posizione, pari merito con Jessica.
Stravince Steffo, che era l’unico che sembrava avere davvero la situazione in pugno, e Clau ultima, nonostante fosse quella che probabilmente aveva davvero capito quasi tutti gli abbinamenti.


A questo punto dovrei fare delle considerazioni finali ed esprimere un parere su questo gioco...già dovrei, ma mi sarebbe utile averci capito qualcosa!
Allora, il gioco è bellissimo, i materiali sono molto curati – pensate che, tra le altre cose, ci sono 4 schermi di cartone duro da costruire che rappresentano il laboratorio dell'alchimista – e le dinamiche di gioco sono, in un certo senso, molto innovative.
Probabilmente avrò bisogno di qualche altra decina di partite prima di capire esattamente come muovermi, ma questo non significa che Alchimisti non sia davvero un titolo ben riuscito.


P.s. Per la perfetta riuscita della serata procuratevi 4 matite (quelle piccoline dell'Ikea vanno benissimo) e una lucetta per inquadrare le carte, nel caso la stanza sia un po' buia :D

mercoledì 7 ottobre 2015

Terra Mystica

Buongiorno a tutti.
Questa volta mi trovo in difficoltà, ve lo dico subito. Discutere di questo gioco è complicato. Parliamo di un assoluto capolavoro che, in meno di 2 anni, ha scalato la classifica di Gameboard geek mettendosi alle spalle dei mostri sacri come Agricola o Puerto Rico.
Mi trovo in difficoltà perché non so da dove partire: elogiando qualità e quantità dei materiali, esaltando le dinamiche di gioco e la profondità strategica o parlando del fatto che, nell’affollato mondo dei gestionali di impronta tedesca, questo è riuscito a differenziarsi e a fare il vuoto dietro di se.
Facciamo così: parlerò di come io l’ho vissuto.
Ricordo ancora quando Steffo mi parlava di sto gioco, che c’erano delle razze, che bisognava “terraformare” prima di costruire e io già storcevo il naso e pensavo: “ecco un altro gioco con i cubetti colorati!”. Poi per alterne vicende abbiamo fatto una partita con l’edizione inglese (a parte il manuale, il gioco è completamento indipendente dalla lingua) ed è stato amore a prima vista!
Alla prima occasione l’abbiamo comprato e, ad oggi, è il miglior titolo della nostra collezione. Abbiamo fatto alcune partite prima che cominciassi il blog poi, sempre per gli stessi motivi, avevamo smesso, e l’altra sera finalmente siamo riusciti a rigiocarlo…per voi ovviamente!

Incominciamo con lo spiegone.
Per quei pochi che non lo conoscono Terra Mystica è un mix tra gestione risorse ed edificazione di enorme profondità strategica. Da 2 a 5 giocatori non di primo pelo. Aprendo la scatola troverete un tripudio di materiali come mai prima d'ora...chi ha pesato la scatola sostiene che superi i 2 kg! Lo svolgimento del gioco è diviso in tre parti: rendite iniziali, fase azioni, bonus di fine turno. Lo scopo è ovviamente fare più punti degli altri e i modi sono davvero tanti, ma principalmente si cerca il più possibile di sfruttare le risorse per costruire città e insediamenti.

Come anticipato il post scorso, ci mettiamo una vita a rivedere il set up iniziale, a posizionare la quintalata di cubetti, tessere, monete e plance; a rivedere le caratteristiche delle fazioni pescate e, nel caso di Jessica in stato semi-confusionale, a ripassare da capo tutto il regolamento!
Per la cronaca a me capitano le Streghe, a Clau gli Oscuri, a Jessica i Giganti e a Steffo le Sirene.


Partiamo subito senza troppi indugi e già dai primi turni si comincia a capire come finiranno le cose: Claudia è in preda ad un fuoco sacro e comincia a costruire peggio dell’Aga Khan negli anni ’60. Steffo inizia la sua manovra di gioco mantenendo un basso profilo e accumulando una marea di risorse. Jess va avanti a lamentarsi della razza che le è capitata. Io invece ho le idee chiare già da subito: perderò miseramente.
Nel giro di 3 turni Clau ha già messo giù la prima città e posto le basi per la seconda (prendendo il largo nel tabellone segna punti); Steffo è secondo ma si intuisce già che ha le risorse per andare molto lontano. Io sul tabellone avrò messo giù tre edifici contati, ma resto a galla sfruttando i bonus costruzione di fine turno e i favori (ad un certo punto sono stato anche 1°). Jessica arranca in coda.


Questo gioco è micidiale, se sbagli i calcoli difficilmente ne vieni fuori; ogni fase azione è calcolata e sudata, tanto che Steffo, di ritorno dal bagno, ci trova tutti e tre in un silenzio tombale con la testa tra le mani e il cervello che fuma.
Steffo, con le sue sirene riesce a espandersi velocemente attraverso i fiumi e risale in fretta la classifica e Jessica, che comunque aveva impostato un certo schema di gioco, riesce a costruire la città e ad assicurarsi una certa tranquillità sulla plancia dei culti. Clau continua a mettere giù case come se non ci fosse un domani e costruisce la seconda città. Io non riesco a sfruttare a pieno le abilità delle Streghe a causa degli edifici degli altri e mi infogno in un angolo da quale non riesco ad uscire. Metto giù una città, provo ad impostare la seconda, ma mi servirebbero altri 3 turni di gioco per riuscirci!

Finisce l’ultimo turno e tiriamo le somme: vince Steffo (anche grazie al bonus finale per l’insediamento più grande), Jessica e Clau seconde a pari merito e io irrimediabilmente ultimo. E’ quasi l’una di notte, siamo assonnati e stanchi; questo gioco tiene alto il livello di concentrazione e dopo due ore è normale essere stremati.

A questo punto dovrebbe esserci la parte delle considerazioni, ma credo sia chiaro quello che penso: questo gioco è davvero magnifico. Praticamente immancabile nella bacheca di ogni gamer che si rispetti. Nonostante la profondità di gioco, non è troppo lungo e in meno di due ore si possono fare belle partite e le innumerevoli combinazioni di razze giocabili lo rende parecchio longevo.
Ha avuto talmente tanto successo che on-line si trova di tutto: guide strategiche, tabelle di bilanciamento delle fazioni (ma davvero?!?), app su Android per pescare le razze, espansioni realizzate dai fan e molto altro. Insomma imperdibile.
Volendo trovare un difetto, ho letto qua e la che molti lamentano una certa disparità fra le razze: alcune sarebbero sensibilmente più forti di altre. Probabilmente è vero, del resto sono 14, ognuna con delle caratteristiche diverse, e sarebbe stato davvero impossibile riuscire a bilanciarle tutte in modo perfetto. Però diciamola tutta: questa “evidente” disparità è stata calcolata su una statistica di oltre 5000 partite giocate! Ora, ditemi voi di quante vite avreste bisogno prima di giocare 5000 volte a qualsiasi cosa?
Inoltre tutto sto discorso regge solo se si suppone che tutti i giocatori siano bravi allo stesso modo e anche questo è improbabile. Quindi, morale della favola, giocateci senza troppi problemi e godetevi sto capolavoro!

Fuoco e Ghiaccio.

Qualche giorno dopo, sull’entusiasmo della partita precedente, io e Clau ci siamo impegnati in una sessione diurna di Terra Mystica provando l’espansione Fuoco e Ghiaccio.
Premesso che vedere le due scatole ,una a fianco all’altra, ti riempie gli occhi e il cuore!
Anche in questo caso, riguardo ai materiali non hanno badato a spese: nuovo tabellone fronte-retro, 3 plance nuove di zecca (quindi 6 nuove fazioni), relative pedine in legno (sempre di una bellezza nauseante), gettoni terra e alcune tessere per introdurre diversi bonus di fine partita. Conclude il tutto un pratico tabellino per segnare i turni di gioco (in effetti senza si faceva un gran casino) e un sacchetto di tela contenente i gettoni per pescare le razze ad inizio partita.
Volendo riassumere brevemente le novità, posso dire: 6 nuove razze che cambiamo completamente il modo di concepire il gioco e gestire le proprie risorse, rispetto alle classiche. Bonus di fine partita che introducono nuove strategie negli insediamenti e, soprattutto, la possibilità di giocarsi all’asta, i propri PV ad inizio partita per prendersi la fazione “migliore” (diciamo più congeniale). Come al solito, per i particolari vi consiglio recensioni più dettagliate delle mie.

Cominciamo alle 10, perdiamo più di mezz’ora a leggere il regolamento, soprattutto la sezione relativa alle abilità delle singole fazioni, tarocchiamo il randomizer mettendo solo i gettoni delle fazioni nuove e partiamo: io Signori dei Draghi e Clau Mutaforma.

L’inizio è molto guardingo da parte di entrambi, del resto non sappiamo esattamente cosa stiamo facendo e dove ci porteranno le nostre azioni (inutile sottolineare quanto sia importante programmare in anticipo i vari turni di gioco, soprattutto in un gestionale così complesso).
Il fatto di giocare in due ci permette di non intralciarci troppo nella mappa, cosicché possiamo cercare di sviluppare il nostro gioco indisturbati (ci stà! È la prima partita e possiamo tranquillamente considerarlo un test).
La mia razza utilizza i punti potere per terraformare, al posto dei lavoratori e questo sconvolge completamente le classiche dinamiche di gioco, mentre i mutaforma, una volta costruita la fortezza, possono cambiare terreno ideale, pagandone il costo e guadagnando 2 PV. Insomma un casino.
Ne usciamo dopo più di ore, costruiamo entrambi due città e Clau vince di misura. Bella partita, dovremmo farne altre 100 per cominciare a masticare bene tutte le sfaccettature di questo gioco (intendo base + espansione), ma siamo comunque molto soddisfatti…e affamati visto che è ora di pranzo.

Che volete che vi dica: se vi piace Terra Mystica non potete non avere Fuoco e Ghiaccio, è come farsi un panino e non mettere la maionese (se non vi piace la maionese potete smettere di leggere questo blog!). Il costo dell’espansione è come quello di un gioco base, ma vi assicuro che li vale tutti. Dentro troverete materiali in abbondanza (vi dico solo che ci sono serviti due tavoli per allestire il tutto, espansione compresa), nuove esperienze di gioco con strategie da rivedere ed adattare e molte ore di gioco davanti a voi. Che altro volete di più?

Alla prossima.

giovedì 17 settembre 2015

Il Sesto Senso



Ormai abbiamo ripreso. Posso dire tranquillamente che finalmente abbiamo ricominciato a giocare con una certa costanza. E’ importante se non vuoi perdere la mano. Sembra una scemenza, ma i giochi da tavolo sono come lo sport praticato: se non ti alleni regolarmente rischi di andare fuori forma in attimo. Provate voi a giocare a Caylus o a 7 Wonders dopo un anno di sosta: minimo vi servirebbe mezz’ora solo per rileggere il set-up iniziale.
Non è un caso se i giorni scorsi siamo ripartiti con un party-game per poi cimentarci in un filler collaborativo. Che poi la storia de “Il Sesto Senso” meriterebbe un post a parte, in cui si parla di prototipi giocati al Play di Modena, versioni in lingue straniere incomprensibili, regali di Natale sbagliati etc etc.

Comunque Steffo e Jess è un pezzo che ce l’hanno ed è un pezzo che vorremmo provarlo assieme e finalmente l’altra sera ci siamo riusciti.

Come al solito, una breve e doverosa introduzione al gioco.
Si tratta di un collaborativo da 2 a 7 persone scritto dai polacchi Nevskiy e Sidorenko ed edito in Italia da Uplay. I giocatori si dividono tra fantasma e sensitivi: il primo deve evocare nei secondi dei sogni che gli permettano di scoprire, entro sette turni, gli elementi chiave di un delitto: arma, luogo e assassino.

- “E’ stato il colonnello Mustard, con la chiave inglese, nella Dependance!!!”




No ragazzi, non è Cluedo, le meccaniche sono completamente diverse, ma vi confesso che lo spirito del classico della Parker aleggiava pesantemente sul tavolo…almeno per me. In realtà il cuore pulsante del gioco sono le meravigliose carte (magistralmente illustrate in stile astratto) che servono al fantasma per evocare i sogni dei sensitivi, tramite associazione di immagini, secondo una dinamica di gioco portata alla fama mondiale dalla serie di Dixit.
- Ma insomma, è Dixit o Cluedo?
Ovviamente nessuno dei due, ma un po’ di entrambi. Ad ogni turno il fantasma passa delle carte ai vari sensitivi, carte che dovrebbero contenere gli elementi per permettere al sensitivo stesso di indovinare l'arma,  il luogo del delitto e, infine, l'assassino stesso. Ve l'ho detto: Cluedo + Dixit. Ma in realtà c'è molto di più!

Dopo il set-up iniziale Jess si siede a capotavola: è lei il fantasma! A noi resta una tripletta di carte da indovinare…una ciascuno si intende.
Per prime si devono scoprire le armi del delitto e, con un paio di carte fortunate, riusciamo a beccarle tutte e tre entro la seconda notte.
Il discorso si fa più complicato con le stanze. Le carte che le rappresentano sono molto dettagliate, ricche di particolari ed elementi che da una parte aiutano a caratterizzare l’ambiente, ma dall’altra potrebbero depistare perché in comune con altri luoghi della casa.

C’è da dire che le carte a disposizione del fantasma sono la quint’essenza dell’astrattismo più delirante. Tra le tante, ricordo una serie di conigli bianchi risucchiati da una spirale di erba verdissima con una serie di scale volanti; un topo gigante con impermeabile e cappello a cilindro che gira per le bancarelle di un mercato e si imbatte in un pallottoliere; uno scanzonato spazzacamino con tanto di baffi a manubrio, in sella ad un velocipede volante; una ruota di monociclo dritta su un pontile in primo piano con, in lontananza, cavalieri bianchi contro demoni neri che si fronteggiano su un viadotto romano. E queste sono quelle più facili da raccontarvi; alcune sono talmente assurde che dovrei chiedere ad Umberto Eco di provare a descrivervele…e non è detto che ci riuscirebbe manco lui!

Perdiamo un po’ di turni a capire le nostre stanze, tanto che Jess è costretta a cambiar mano di carte un paio di volte prima di beccare quelle un po’ più utili alla missione. Una volta risolti i luoghi si passa ai possibili sospetti. Steffo a Clau lo beccano al primo turno, il mio è decisamente più complicato anche perché Jess ormai ha tutte carte inservibili. Neanche i miei compagni d’indagine riescono a darmi una mano. Insomma, arriva l’ultimo turno e io sbaglio il personaggio.
Partita persa e fantasma costretto a dannarsi per altri cento anni nella casa stregata.

La partita non è durata molto: c’è tempo per la rivincita.
Questa volta mi offro volontario per fare il fantasma, nell’entusiasmo generale, e le cose modestamente girano da subito al meglio.

Le carte che pesco sono ottime e in quattro e quattr’otto archiviamo la pratica armi (memorabile l’associazione pifferaio di serpenti – fune per strangolare) e i luoghi. Giusto con Steffo faccio un po’ fatica, ma del resto ha una tuta da palombaro nel sua stanza!!!. Qualche tentennamento per gli assassini ma alla fine riusciamo a chiudere le tre sequenze entro la 5° notte.
Game, set e match.
Il fantasma riscattato può finalmente lasciare la casa e andarsene nell’aldilà! 

L’impressione che ho avuto, come prima volta, è stata molto positiva. Premetto che sono un appassionato di giochi dove ci sono assassinii di mezzo: Cluedo o Lettere da Whitechapel per esempio, e quindi ero molto curioso di provarlo, e devo ammettere che sono state ricreate in maniera molto efficace sia l’ambientazione che la tensione di gioco. E’ chiaro che per funzionare bene ci vuole un gruppo affiatato e che si conosca bene (in un paio di occasioni io e mia moglie ci siamo quasi letti nella mente), ma è comunque interessante da provare anche tra perfetti sconosciuti; giusto per vedere cosa viene fuori.
Mi è piaciuto anche il fatto che in questo gioco si riesce a dare un contesto alle dinamiche di Dixit, che per carità è bello, ma rimane quasi un esercizio a se stante. Qui invece diventa lo strumento per proseguire nel gioco e permettere il confronto e l’interazione con tutti i giocatori (tranne il fantasma, lui se ne sta zitto e buono tutta la partita).
Quello che preoccupa i più, leggendo varie recensioni qua e la, è la longevità. In effetti è un aspetto che non va sottovalutato, soprattutto se il gruppo di gioco è sempre lo stesso; ci vuol poco a consolidare certe associazioni di carte e rendere troppo leggibili i suggerimenti pensati dal fantasma. Un trucco potrebbe essere di non giocarci troppo spesso (per non saturarlo velocemente), far ruotare i fantasmi all'interno del gruppo di gioco e coinvolgere ogni tanto nuovi adepti, nell'attesa che arrivino nuove espansioni con carte e indizi inediti.
(Un'idea fresca fresca di Clau: e perché non provare ad usare proprio le carte di Dixit per il fantasma?!?)

Beh ora è tardi e tutti a nanna.
Settimana prossima un bel giro a Cluedo!




giovedì 3 settembre 2015

Vudù

In un blog come si deve, l’autore normalmente dovrebbe dare spiegazioni del perché è letteralmente sparito per quasi 10 mesi, senza pubblicare più una mazza. Sarebbe corretto e aggiungerei doveroso nei confronti dei tanti lettori che potrebbero essere preoccupati o anche solo incuriositi da tale mancanza.
Ma siccome il mio blog lo leggono in 4 e tutti sanno perché non ho scritto nulla, di certo non starò qui a dilungarmi inutilmente. Diciamo solo che sono stato impegnato e impossibilitato a giocare per un po’. 

Non tanto impegnato però da rinunciare ad un paio di settimane di ferie giù, dalle mie parti. Girando per la città mi sono imbattuto in un negozietto di giochi che stava chiudendo, ma non perché fosse tardi! Chiudeva definitivamente, a detta del proprietario per colpa della crisi e della mentalità delle persone; io, dopo averci parlato un po’, penso che anche una certa dose di incompetenza possa aver contribuito.
Comunque, la parte della storia che ci interessa riguarda il fatto che il tipo stava liquidando un bel po’ di giochi.
Gli scaffali del negozio erano già belli vuoti e quello che era rimasto non era un granché, del resto è un po’ che era in svendita, finché la mia attenzione è stata colpita dall’armadietto dei giochi usati, quelli che faceva usare ai clienti in negozio. Li si che c’era bella roba.
All’inizio non ho potuto fare a meno di notare lo scatolone di Krosmaster Arena, tutto colorato e pieno di personaggi che mi guardavano e mi dicevano: “Compraci! Compraci!”
Ho resistito e andando avanti mi è capitato tra le mani il gioco più improbabile e, al tempo stesso, irresistibile di tutto il negozio: Vudù!
Confesso che lo avevo già adocchiato da un’altra parte ma, di primo acchito, mi era sembrata una minchiata epocale. Lì invece, complice il fatto che era scontato perché usato, improvvisamente mi è apparso sotto una luce migliore, non potevo farne a meno. Credetemi: ci ho messo meno di un secondo a tirar fuori il portafogli e dargli 'sti 10 €.
Finite le ferie e tornato a casa non c’è voluto molto per organizzarci con gli altri e provarlo.

Per chi non lo conosce Vudù è un party-game tutto italiano di Giovo e Valtriani edito dalla Red Glove, con poche regole e pochi materiali, ma un' idea di gioco davvero accattivante e ben riuscita: rompere le palle agli avversari.
Impersonando dei maghi il nostro scopo è quello di lanciare delle maledizioni agli altri giocatori e costringerli a fare le cose più assurde; rimanere tutta la partita in piedi, cantare il ritornello di una canzone, starsene tutto il tempo con i gomiti attaccati e via dicendo.
Ammetto che detto così può sembrare una stronzata, ma con le persone giuste e con lo spirito giusto è davvero divertente.
Il contenuto della scatola è molto semplice 3 serie di carte magistralmente illustrate da Guido Favaro (Maledizioni standard, Artefatti e Maledizioni Permanenti) i segnalini per i punti, 5 dadi, una bambolina Voodoo e, sul fondo della scatola stessa, il tabellone segnapunti.

Le fasi gioco sono molto semplici: all’inizio del turno si tirano 5 dadi dove, al posto dei numeri, sono raffigurati gli elementi classici del horror: pipistrelli, fantasmi, teschi, corvi, zucche etc.
Questi dadi rappresentano gli ingredienti necessari per evocare le maledizioni. Se si riesce a pagare il costo della maledizione la si gioca contro qualcuno e si fanno i relativi punti, altrimenti i dadi si spendono per pescare altre carte maledizioni o artefatto.
Tutto qua. Zero strategia. Si tratta di avere un po’ di culo coi dadi, dare più fastidio possibile e divertirsi.

Al primo turno siamo partiti un po’ timidi (del resto si comincia con una sola maledizione in mano e se non riesci a pagarla con i dadi, non ti resta che pescare), ma già dal secondo abbiamo cominciato a tirarcele una dietro l’altra che era un piacere.
Pronti via Steffo spara una maledizione a Jess e la costringe a farsi tutto il resto della partita seduta a terra (tant’è che lei lo minaccia di farlo dormire sul tappeto della sala). Io, poco più avanti, dovrò rimanere a gambe incrociate, Steffo con i palmi attaccati e Cla dovrà starnutire, grattarsi la testa e schioccare le dita ad ogni cambio turno.
Un vero manicomio
 Dopo qualche turno la situazione letteralmente degenera. C’è chi gira attorno alla sedia prima di tirare i dadi, chi simula malamente il rumore di un temporale, chi grugnisce, chi è costretto a stare tutto il tempo con le braccia incrociate e chi, povero lui, con la testa attaccata al tavolo.
Alla fine ne siamo usciti distrutti, peggio di una serata a Twister (fidatevi di me: se non siete più che allenati state lontani da Twister!).
Vinco io, ma poco importa, tutti erano soddisfatti, tant’è che ne parte subito un’altra.
Stesso andazzo: in poco tempo il tavolo si è riempito di barzellettieri, cantanti, imitatori di topi, snob con la R moscia, finti serpenti con la S sibilante e superstiziosi con le dita incrociate. Meno male che nessuno ci ha visto da fuori!
Confesso che avevo un po’ paura per la longevità visto che alla fine le maledizioni non sono tantissime, ma in due partite praticamente non abbiamo trovato due volte la stessa carta quindi, almeno per il momento, i miei timori erano infondati. E poi comunque c’è sempre l’espansione Ninja Vs Pigmei che aggiunge nuove carte e nuovo sale a questo piccolo gioiello.
Finisce anche la seconda partita; vince Jessica ma anche in questo caso non è quello che conta davvero. Io sono stremato; vi assicuro che tirare i dadi, tenere e pescare le carte, muovere i segnalini sempre con le braccia incrociate non è affatto facile. Steffo è stato almeno 20 minuti con una mano sull'occhio, che quando fuori fa 30° non è esattamente piacevole.

Insomma la serata è volata in un lampo, esperienza assolutamente da ripetere, anche con più persone, i 10€ meglio spesi degli ultimi anni. E poi dice che c'è la crisi!

P.s.: un pensiero va al povero Steffo che, conoscendo Jess, avrà davvero dormito sul tappeto.

sabato 8 novembre 2014

Munchkin Dei Caraibi

Dolcetto o scherzetto!!!

31 Ottobre, notte di Halloween. Come nella migliore tradizione della bassa bresciana i bambini (e qualche adulto) si travestono da personaggi del mondo del horror e vanno in giro per le case a chiedere caramelle. Solo che quando i bambini in questione non hanno manco 5 anni ovviamente i genitori devono uscire con loro. Io non ho problemi, mio figlio si diverte come un matto con i suoi amici, fanno incetta di caramelle e spaventano qualche vecchietta che capisce “Aulin” al posto di Halloween (cosa che già di per se mi ripaga dello sforzo).

Il problema è che quella sera tirava un'aria gelida dritta giù dalle montagne che ha abbassato la colonna di mercurio fino a 6°.

Dopo mezz’ora non sentivo più le orecchie, il fiato mi condensava davanti al naso ed il principio di raffreddore che avevo si fregava le mani al pensiero di quello che mi avrebbe fatto da li a poche ore.

Comunque, torniamo a casa e fortunatamente un gigantesco fuoco riempiva il caminetto generando uno sbalzo termico fuori/dentro di 20°. Io e Edo iniziamo a sbrinarci davanti al fuoco. Da li a poco suona il citofono ed arrivano gli ospiti: stasera si gioca!

Di solito la scelta del gioco è la fase più critica: se sbagli rovini la serata. Ed i fattori da valutare sono tantissimi: durata, numero massimo di giocatori, difficoltà, umore generale del gruppo, voglia di collaborare o di scannarsi etc. Questa volta invece il buon vecchio Steffo ci toglie da questo imbarazzo e sfodera la rigonfia scatola di Munchkin dei Caraibi. C’era da aspettarselo. Fresco di regalo di compleanno, visto che è fissato coi pirati, non poteva non proporlo; mettici anche che in pochi giorni ha realizzato con Photoshop una serie di carte personalizzate praticamente perfette ed il gioco è fatto.

Su Munchkin in generale c’è poco da dire, è talmente famoso che non ha davvero bisogno di me per essere raccontato. Si tratta di un gioco di carte che ricalca e prende in giro le ambientazioni degli  RPG fantasy.

In sostanza siamo dei tizi che girano in un sotterraneo pieno di stanze misteriose infestate di brutti mostri. Grazie alle carte possiamo diventare Nani, Elfi e Halfling oppure acquisire particolare capacità come Ladri, Chierici, Guerrieri o Maghi. Possiamo armarci di tutto punto con gli accessori più ridicoli, il tutto al solo scopo di essere il personaggio più figo che spacca più culi di tutti. Il gioco alla fine si riduce a combattere mostri e farsi bastardate a vicenda (questa è la ricetta vincente per essere eletto miglior gioco di carte tradizionali).

In questa versione piratesca ci sono alcuni aspetti che ne caratterizzano l’ambientazione: le navi e relativi potenziamenti al posto dei destrieri e gli accenti al posto delle razze.

Quest’ultimo aspetto è molto simpatico perché al posto delle razze della serie base ci sono 4 accenti: britannico, francese, spagnolo e olandese. Per fare le cose fatte bene, in puro spirito Munchkin, dal momento che si equipaggia un accento si comincia a parlare realmente con quella inflessione. Eccenzion fatta per l’olandese. Perché? Alzi la mano chi conosce l’accento olandese! Ma Jackson ci ha pensato e ha autorizzato ad usare il nostro dialetto! Cosa volete di più!

Distribuiamo le carte e partiamo. Equipaggiamo i nostri personaggi con le armi ed i potenziamenti e apriamo la prima porta.

Giro dopo  giro affrontiamo vari tipi di Squali, Paperelle da bagno, Aragangster, Alghe di mare, Ostrichette pasquali, pirati più o meno pericolosi fino al temibile Davy Jones.Steffo si equipaggia con l’accento britannico e comincia a parlare in inglese in stile Alberto Sordi in “Un americano a Roma” per non parlare del mio Franco-barese degno del miglior Proietti in “Febbre da Cavallo”.

Jessica rimane senza accenti, almeno agli inizi mentre a Claudia tocca la spagnolo. Inoltre si equipaggia con tante di quelle armi che nel giro di due o tre turni ha un livello di combattimento così alto che il dado da 20 non basta più...sarebbe in grado di fare il culo a chiunque. E infatti lo fa e prende subito il largo sulla plancia segnapunti, anch’essa realizzata da Steffo utilizzando una mappa di Pirati dei Caraibi (l’ho già detto che è fissato coi pirati?).

Io, in qualità di francese, charmo le donne e le costringo ad aiutarmi nei combattimenti; ovviamente Claudia è la mia vittima designata, non solo perché è mia moglie ed è logico che venga affascinata da me, ma soprattutto perché è letteralmente una corazzata: le servono 2 dadi da 20 per segnarsi i punti combattimento.Con lei non posso perdere! Un paio di avanzi di livello e comincio anch’io a salire sulla plancia. 

Steffo dal canto suo non si smentisce: Munchkin lo odia e glielo dimostra tutte le volte facendogli pescare mostri assurdi o maledizioni bastardissime; sta di fatto che rimane da subito al palo a parlare inglese da solo sulla plancia.

Jessica come al solito, zitta zitta, si lamenta sempre che le gira male e intanto continua imperterrita a salire di livello. Qualche incomprensione nelle home rules gioca un brutto scherzo a Clau che perde la prima posizione ai danni di Jessica. Da li in poi c’è poco da fare. Quando un tuo avversario è troppo potente, non ci sono maledizioni abbastanza forti che puoi tirargli addosso e sperare che funzionino.

Piccola digressione.

Gioco a Munchkin da un po’ e ho diversi set di carte: il classico, Zombie, Starmunchkin e ora questo dei Caraibi. Il Gioco in se scorre sempre molto bene, ma ho notato che in queste ultime edizioni c’è troppo squilibrio a favore dei Munchkin contro i mostri.

Provo a spiegarmi meglio. Nei primi set, come il base o il 2/3, ci sono pochi mostri, almeno secondo me, e senza mostri non combatti e non sali di livello. A volte le partite durano anche 2 ore e mezza (che per un gioco così son davvero tante). Nei set successivi, complici le edizioni italiane (che spesso raggruppano più set americani) ci sono molte più carte e, in proporzione, più mostri.

Il problema è che hanno aggiunto molte più armi ed equipaggiamenti, aumentando notevolmente il potenziale bonus di combattimento. Ci son state partite dove sono arrivato ad avere tranquillamente 30, 40 punti e a quel punto diventi imbattibile, asfalti tranquillamente qualsiasi mostro e nessuno può ostacolarti seriamente.

C’è da dire che il gioco si presta parecchio ad essere personalizzato, per cui noi, col fido Steffo abbiamo risolto facendo delle carte con dei mostri un po' più bastardi la cui difficoltà non è legata solo al loro livello di combattimento…basta lasciar andare la fantasia!

Fine digressione.

Alla fine vince Jessica, Claudia 2° ad un punto e io subito dietro; Steffo non pervenuto…e meno male che il gioco è suo!

E’ quasi mezzanotte e l’indomani qualcuno dovrà svegliarsi presto per andare a lavoro; è tardi per fare un altro giro quindi decidiamo di sparecchiare tutto.

Suonano al citofono: “Dolcetto o scherzetto!!!” Mi affaccio alla finestra e vedo dei ragazzi piuttosto grandicelli che aspettano che gli dia delle caramelle. Non sono manco mascherati, usano la scusa di Halloween per andare in giro e scroccare caramelle, ma chi sono io per sottrarmi a questa tradizione ed infrangere il loro sogno di cariarsi tutti i denti. Esco sul vialetto con quel fondino di dolciumi rimasto e vengo circondato da un mucchio di ragazzini brufolosi: uno si è sforzato mettendosi un passamontagna in testa.

Mia moglie mi riferirà che da dentro casa sembrava una scena di Walking Dead, quando gli zombie circondano il poveraccio di turno e se lo mangiano vivo. Ma ci sta. Del resto è Halloween.