sabato 8 novembre 2014

Munchkin Dei Caraibi

Dolcetto o scherzetto!!!

31 Ottobre, notte di Halloween. Come nella migliore tradizione della bassa bresciana i bambini (e qualche adulto) si travestono da personaggi del mondo del horror e vanno in giro per le case a chiedere caramelle. Solo che quando i bambini in questione non hanno manco 5 anni ovviamente i genitori devono uscire con loro. Io non ho problemi, mio figlio si diverte come un matto con i suoi amici, fanno incetta di caramelle e spaventano qualche vecchietta che capisce “Aulin” al posto di Halloween (cosa che già di per se mi ripaga dello sforzo).

Il problema è che quella sera tirava un'aria gelida dritta giù dalle montagne che ha abbassato la colonna di mercurio fino a 6°.

Dopo mezz’ora non sentivo più le orecchie, il fiato mi condensava davanti al naso ed il principio di raffreddore che avevo si fregava le mani al pensiero di quello che mi avrebbe fatto da li a poche ore.

Comunque, torniamo a casa e fortunatamente un gigantesco fuoco riempiva il caminetto generando uno sbalzo termico fuori/dentro di 20°. Io e Edo iniziamo a sbrinarci davanti al fuoco. Da li a poco suona il citofono ed arrivano gli ospiti: stasera si gioca!

Di solito la scelta del gioco è la fase più critica: se sbagli rovini la serata. Ed i fattori da valutare sono tantissimi: durata, numero massimo di giocatori, difficoltà, umore generale del gruppo, voglia di collaborare o di scannarsi etc. Questa volta invece il buon vecchio Steffo ci toglie da questo imbarazzo e sfodera la rigonfia scatola di Munchkin dei Caraibi. C’era da aspettarselo. Fresco di regalo di compleanno, visto che è fissato coi pirati, non poteva non proporlo; mettici anche che in pochi giorni ha realizzato con Photoshop una serie di carte personalizzate praticamente perfette ed il gioco è fatto.

Su Munchkin in generale c’è poco da dire, è talmente famoso che non ha davvero bisogno di me per essere raccontato. Si tratta di un gioco di carte che ricalca e prende in giro le ambientazioni degli  RPG fantasy.

In sostanza siamo dei tizi che girano in un sotterraneo pieno di stanze misteriose infestate di brutti mostri. Grazie alle carte possiamo diventare Nani, Elfi e Halfling oppure acquisire particolare capacità come Ladri, Chierici, Guerrieri o Maghi. Possiamo armarci di tutto punto con gli accessori più ridicoli, il tutto al solo scopo di essere il personaggio più figo che spacca più culi di tutti. Il gioco alla fine si riduce a combattere mostri e farsi bastardate a vicenda (questa è la ricetta vincente per essere eletto miglior gioco di carte tradizionali).

In questa versione piratesca ci sono alcuni aspetti che ne caratterizzano l’ambientazione: le navi e relativi potenziamenti al posto dei destrieri e gli accenti al posto delle razze.

Quest’ultimo aspetto è molto simpatico perché al posto delle razze della serie base ci sono 4 accenti: britannico, francese, spagnolo e olandese. Per fare le cose fatte bene, in puro spirito Munchkin, dal momento che si equipaggia un accento si comincia a parlare realmente con quella inflessione. Eccenzion fatta per l’olandese. Perché? Alzi la mano chi conosce l’accento olandese! Ma Jackson ci ha pensato e ha autorizzato ad usare il nostro dialetto! Cosa volete di più!

Distribuiamo le carte e partiamo. Equipaggiamo i nostri personaggi con le armi ed i potenziamenti e apriamo la prima porta.

Giro dopo  giro affrontiamo vari tipi di Squali, Paperelle da bagno, Aragangster, Alghe di mare, Ostrichette pasquali, pirati più o meno pericolosi fino al temibile Davy Jones.Steffo si equipaggia con l’accento britannico e comincia a parlare in inglese in stile Alberto Sordi in “Un americano a Roma” per non parlare del mio Franco-barese degno del miglior Proietti in “Febbre da Cavallo”.

Jessica rimane senza accenti, almeno agli inizi mentre a Claudia tocca la spagnolo. Inoltre si equipaggia con tante di quelle armi che nel giro di due o tre turni ha un livello di combattimento così alto che il dado da 20 non basta più...sarebbe in grado di fare il culo a chiunque. E infatti lo fa e prende subito il largo sulla plancia segnapunti, anch’essa realizzata da Steffo utilizzando una mappa di Pirati dei Caraibi (l’ho già detto che è fissato coi pirati?).

Io, in qualità di francese, charmo le donne e le costringo ad aiutarmi nei combattimenti; ovviamente Claudia è la mia vittima designata, non solo perché è mia moglie ed è logico che venga affascinata da me, ma soprattutto perché è letteralmente una corazzata: le servono 2 dadi da 20 per segnarsi i punti combattimento.Con lei non posso perdere! Un paio di avanzi di livello e comincio anch’io a salire sulla plancia. 

Steffo dal canto suo non si smentisce: Munchkin lo odia e glielo dimostra tutte le volte facendogli pescare mostri assurdi o maledizioni bastardissime; sta di fatto che rimane da subito al palo a parlare inglese da solo sulla plancia.

Jessica come al solito, zitta zitta, si lamenta sempre che le gira male e intanto continua imperterrita a salire di livello. Qualche incomprensione nelle home rules gioca un brutto scherzo a Clau che perde la prima posizione ai danni di Jessica. Da li in poi c’è poco da fare. Quando un tuo avversario è troppo potente, non ci sono maledizioni abbastanza forti che puoi tirargli addosso e sperare che funzionino.

Piccola digressione.

Gioco a Munchkin da un po’ e ho diversi set di carte: il classico, Zombie, Starmunchkin e ora questo dei Caraibi. Il Gioco in se scorre sempre molto bene, ma ho notato che in queste ultime edizioni c’è troppo squilibrio a favore dei Munchkin contro i mostri.

Provo a spiegarmi meglio. Nei primi set, come il base o il 2/3, ci sono pochi mostri, almeno secondo me, e senza mostri non combatti e non sali di livello. A volte le partite durano anche 2 ore e mezza (che per un gioco così son davvero tante). Nei set successivi, complici le edizioni italiane (che spesso raggruppano più set americani) ci sono molte più carte e, in proporzione, più mostri.

Il problema è che hanno aggiunto molte più armi ed equipaggiamenti, aumentando notevolmente il potenziale bonus di combattimento. Ci son state partite dove sono arrivato ad avere tranquillamente 30, 40 punti e a quel punto diventi imbattibile, asfalti tranquillamente qualsiasi mostro e nessuno può ostacolarti seriamente.

C’è da dire che il gioco si presta parecchio ad essere personalizzato, per cui noi, col fido Steffo abbiamo risolto facendo delle carte con dei mostri un po' più bastardi la cui difficoltà non è legata solo al loro livello di combattimento…basta lasciar andare la fantasia!

Fine digressione.

Alla fine vince Jessica, Claudia 2° ad un punto e io subito dietro; Steffo non pervenuto…e meno male che il gioco è suo!

E’ quasi mezzanotte e l’indomani qualcuno dovrà svegliarsi presto per andare a lavoro; è tardi per fare un altro giro quindi decidiamo di sparecchiare tutto.

Suonano al citofono: “Dolcetto o scherzetto!!!” Mi affaccio alla finestra e vedo dei ragazzi piuttosto grandicelli che aspettano che gli dia delle caramelle. Non sono manco mascherati, usano la scusa di Halloween per andare in giro e scroccare caramelle, ma chi sono io per sottrarmi a questa tradizione ed infrangere il loro sogno di cariarsi tutti i denti. Esco sul vialetto con quel fondino di dolciumi rimasto e vengo circondato da un mucchio di ragazzini brufolosi: uno si è sforzato mettendosi un passamontagna in testa.

Mia moglie mi riferirà che da dentro casa sembrava una scena di Walking Dead, quando gli zombie circondano il poveraccio di turno e se lo mangiano vivo. Ma ci sta. Del resto è Halloween.



sabato 1 novembre 2014

L'Isola Proibita

Ore 22. Abbiamo appena finito di mangiare un ottimo Kebab fatto in casa, preceduto dalle solite prelibatezze casearie pugliesi. Il pargolo si è appena addormentato guardando Peppa Pig. Parte un giro di alcolici dopo-pasto: chi prende un meloncino, chi un bicerin, chi niente visto che è incinta e chi un po’ di tutto per non farsi mancare nulla.

Archiviata la cena (spesso un mero pretesto per vederci) è arrivata l’ora di sparecchiare tutto e cominciare a fare le cose sul serio. O almeno così dovrebbe essere.

-   Io ho mal di testa – comincia una.
- Domani mi devo svegliare presto – gli fa eco quell’altro.

Allora che facciamo? Guardiamo X-Factor? Maancheno!

- Facciamo un giro ad Hanabi? Riecheggia una voce indefinita.

- Ma se ti ha detto che ha mal di testa! Finiamo per bruciare tutti i fuochi alla prima mano!

Basta, è ora che prenda in mano la situazione: - Facciamo La terra Sperduta!- Silenzio di tomba e sguardi imbarazzati.

- Che roba è?

Ma come? Quello! – faccio io, indicando una scatola di latta sotto il tavolino di vetro.

- Ah L’isola Proibita!
I soliti precisini. Quanti giochi avranno mai nella collezione con un nome simile a quello? Comunque, dopo vari cenni di assenso si opta per L’Isola Proibita.Si tratta di un filler collaborativo semplice ma molto accattivante. La storia è che noi facciamo parte di  una spedizione esplorativa mandata a calci su un isola maledetta per recuperare quattro manufatti in grado di controllare gli elementi; fate caso che ho detto “maledetta” e non a caso. La nostra presenza infatti non è per niente gradita e  non appena metteremo piede sulla terraferma, l’isola stessa comincerà a sprofondare inesorabilmente, inabissando con se tutti i tesori e cercando possibilmente di farci schiattare…una passeggiata insomma.

Aprendo la scatola di latta troviamo ordinati tutti i vari componenti: le tessere isola in un ottimo cartone duro, le carte Artefatto e Inondazione, le carte Personaggio, le miniature degli artefatti ed il segnalatore del livello dell’acqua. Si tipo quello della macchina.Il gruppetto di sfigati è abbastanza ben assortito ed ognuno ha una caratteristica precisa che lo distingue. Il set-up del gioco è velocissimo: si posizionano le tessere isola a formare una delle tante possibili combinazioni (le tessere in se vengono piazzate random) e poi si pescano a caso i personaggi che compiranno  la missione. Capito bene? A caso! No perché nella serata in questione c’è stato un giusto tentativo di pescare i personaggi, ma qualcuno non ha capito bene la situazione e non appena ha visto la pedina gialla l’ha arraffata miseramente (si Cla sto parlando di te). Da li in poi è degenerato tutto e l’abbiamo finita ognuno con la pedina del proprio colore. Perché diciamolo: ognuno di noi ho un colore preferito con cui giocare!

Finiti i preparativi, assegnati i personaggi e distribuite le carte Artefatto si comincia subito con inondare un po’ di tessere, così tanto per darci il benvenuto. Manco a dirlo lo scopo del gioco è recuperare tutti gli artefatti e svignarsela dall’isola in elicottero.

Il turno di gioco è composto da tre azioni scelte fra 4 possibili: muoversi, puntellare una tessera (letteralmente farla riemergere dall’acqua), passare una carta artefatto e recuperare un artefatto. Le regole base prevedono che ci si possa muovere e puntellare solo ortogonalmente di una casella e che si possa passare un artefatto solo a chi si trova nella stessa casella, ma i nostri personaggi hanno delle caratteristiche particolari che permettono varie eccezioni: l’esploratore muove anche diagonalmente, il pilota può spostarsi dove vuole, lo specialista può puntellare due tessere per volta, il messaggero smazza carte artefatto dove gli pare etc.

Alla fine di ogni turno si pesca un certo numero di carte inondazione che corrispondono alle tessere dell’isola. Quando una carta viene pescata una volta viene inondata la tessera corrispondente (si può ancora puntellare), alla seconda, quella tessera viene inabissata e tolta dal gioco. Chiaramente meno tessere Isola ci sono, più difficile sarà muoversi per recuperare gli artefatti ed andarsene. Come se le cose già non fossero un casino così, ci sono disseminate nel mazzo anche 3 carte “Innalzamento Acque” che fanno salire le tacche sulla spia dell’acqua. Indovinate cosa succede quando arriva al massimo!

Scegliamo una delle isole più difficili del gioco, una specie di anello in cui le tessere hanno solo un lato di contatto con le altre. In pratica passiamo i primi 5 turni a puntellare le tessere inondate senza far niente per recuperare gli artefatti e in men che non si dica abbiamo già l’acqua alle ginocchia. Altri tre giri e qualche carta Innalzamento Acque e metà isola è sprofondata.Quello che ne rimane sono poche tessere sparpagliate qua e la. In pratica ognuno di noi è attaccato ad uno scoglio. Steffo è così calato nel personaggio che gli manca solo il cappello di Indiana Jones e gli shorts di Lara Croft.

Io in quanto pilota, volo da una tessera all’altra a recuperare carte artefatto, ma la situazione ormai è compromessa. Manca solo un tesoro (quello della terra) ed è rimasta solo una delle due tessere dove poterlo recuperare; il tempo stringe e la sfiga ci tallona. Ennesima carta Innalzamento Acque, nuovo giro di tessere da inabissare e prima che abbiamo il tempo di infilarci il giubbotto di salvataggio ecco che sprofonda l’ultima tessera Terra. Gioco finito. Tutti morti. Sguardi delusi e amaro in bocca però non ci fanno scoraggiare.

Altro giro altra corsa.


Questa volta l’isola è un po’ più facile e i personaggi, presi random, fanno proprio al caso nostro. Le cose iniziano ad andare bene già dai primi turni, tanto che abbiamo il tempo di andare in giro per l’isola a bere mojito e a importunare le ragazze del luogo. Comunque recuperiamo subito tre artefatti che ancora l’Isola è ben salda in superficie; il quarto è quello che ci fa lavorare un po’ di più e io, che anche stavolta faccio il pilota (già! ho pescato di nuovo il blu, quando si dice un colore un destino), come al solito giro per l’isola a recuperare carte…ah se non ci fossi io! Prendo l’ultimo tesoro mentre gli altri, non sapendo cosa fare, sono già saliti sull'elicottero; li raggiungo e sgommiamo via.

Peccato però, potevamo restare ancora un po’ a sorseggiare cocktail e rifarci l’abbronzatura.Giro di cupcake per festeggiare e tutti a casa.

Mentre in tv risuonano le urla stonate di qualche gallina del Tale e quale show (vabbè l’abbiamo messo solo per fare sottofondo), facciamo le ultime considerazioni.

L’isola proibita è un gioco piccolo senza grosse pretese ma estremamente coinvolgente dove viene reso benissimo quel senso di ineluttabilità, di corsa contro il tempo, di chiappe che si stringono ogni volta che qualcuno fa qualcosa. E’ perfetto quando non avete voglia di scannarvi a vicenda e soprattutto lo può fare chiunque, anche chi l’ultima volta che ho giocato a qualcosa era Crack.

Ora tutti a nanna che c’è chi ha mal di testa, chi si deve svegliare presto e chi non c’ha un cazzo da fare, ma per una volta non va a letto alle 3.

lunedì 27 ottobre 2014

Aldilà del gioco

Tanto per cominciare Buongiorno. L’educazione prima di tutto.
Come si potrà intuire dal sito e un po’ meno dalla grafica, questo blog parla di giochi da tavolo. Quel gigantesco mondo in continua espansione fatto di token, cubetti di legno e plance delle più disparate forme e colori.
Non saranno delle vere e proprie recensioni primo perché ci sono una marea di siti che lo fanno già (e meglio di come lo farei io – ciao tana!) secondo perché non ne ho voglia.
Quello che desidero fare io è invece dare una sensazione, trasmettere le impressioni, raccontare quello che succede quando decidiamo di sederci al tavolo davanti ad un bel gioco e qualcosa da mangiare possibilmente.
Mi considero un neofita del mondo ludico, ho cominciato relativamente da poco e la mia collezione è appena agli inizi, ma la passione ce l’ho. Quelli che mancano sono i soldi per comprarli sti giochi, ma in qualche modo rimedieremo.
I compagni di giocate sono sempre gli stessi: mia moglie, con la quale condivido un'inspiegabile e fortunosa passione per i boardgames, l'heavy metal e le serie tv, e una coppia di ragazzi pugliesi con i quali invece condividiamo l'altra metà della nostra collezione di giochi. Ogni tanto cerchiamo di tirar dentro qualche niubbo, ma per ora, oltre Carcassonne non siamo riusciti ad andare, al massimo un Hanabi o un Jungle Speed, quando proprio la vogliamo buttare in vacca.
So che dicendo questa cosa riceverò più insulti che altro, ma personalmente non sono un seguace dei gestionali crucchi più che altro perché mi sembra che manchino di anima. Per carità, li faccio volentieri e non mi tiro indietro, ma quando un gioco smette di essere tale e diventa puro esercizio matematico allora non mi piace più (anche perché in matematica son sempre stato una sega). Preferisco quando c’è più interazione con gli avversari, quando un tiro di dado o una pescata di carte ti può risolvere la serata; poi parlo io che coi dadi ho una sfiga antologica, ormai quando passo davanti allo scaffale, la scatola di Risiko mi ride in faccia.
I nostri amici invece, se non ci sono almeno 300 cubetti di legno di 9 colori diversi non si muovono neanche di casa, ma alla fine ci veniamo incontro e ci divertiamo lo stesso.
Comunque bando alle ciance e partiamo.